Cibo, in Italia se ne spreca ancora troppo

Lo spreco alimentare in Italia diminuisce. Ma rimane un problema di notevoli dimensioni, che equivale allo 0,6% del Pil nazionale. È quanto segnala l’osservatorio “Waste Watcher” di Last Minute Market ed Swg, che ha presentato poche settimane fa a Roma alcuni dati del nuovo rapporto: sei italiani su 10 dichiarano di gettare il cibo ancora commestibile solo una volta al mese (17%) o addirittura più raramente (43%). Il 16% butta alimenti buoni una volta alla settimana e il 15% ogni due settimane. Una larga parte di loro, il 92%, però si sente in colpa quando questo accade. E complessivamente quattro italiani su 10 (il 39%) dichiarano di sprecare meno di due anni fa. «Ma attenzione, i dati reali sullo spreco, misurati attraverso il progetto “Reduce” e i “Diari di famiglia dello spreco” parlano ancora di 3 kg di cibo pro capite ogni mese gettato nella spazzatura» spiega il docente e agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero. In termini di costi, rapportato alle famiglie italiane, questo si traduce in 8,5 miliardi euro gettati ogni anno, equivalente appunto allo 0,6% del Pil nazionale. Come fronteggiare questo problema? «Lo spreco – spiega Segré – si batte prevenendolo e solo una capillare campagna di educazione alimentare può favorire la svolta culturale».
E’ questo l’obiettivo verso il quale nel 2010 è nata “Spreco Zero”, la campagna che punta a sensibilizzare l’opinione pubblica su questo argomento cercando di allungare la vita a prodotti che stanno per scadere. La nona edizione, insieme al premio “Vivere a spreco zero 2018”, è stata presentata nella stessa occasione alla presenza di Stefano De Caro, presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani, e di Luca Falasconi, coordinatore del progetto “60 Sei Zero” che affianca la campagna, con la partecipazione speciale dell’attore Giobbe Covatta, vincitore del Premio Vivere a Spreco Zero 2018 nella categoria Testimonial.
Ma quali sono le cause che inducono il consumatore a sprecare? «La prima sta nel fatto che i cibi “fanno la muffa”, seguita dai cibi andati a male fuori dal frigo – riprende Andre Segré – Altre cause minori sono l’aver cucinato troppo e aver calcolato male gli acquisti. Bisogna, insomma, educare il consumatore a cambiare abitudini fornendogli gli strumenti per evitare lo spreco».
Il primo passo di questa battaglia sta nel migliorare le tecnologie attualmente responsabili di questa dispersione. Il 54% del cibo viene sprecato, infatti, nella fase di produzione e raccolta, quando la maggior parte dei prodotti resta a marcire nei campi. Il restante 46% si perde durante la lavorazione, la distribuzione e il consumo.
Il secondo passo è sensibilizzare il consumatore. Per questo, nell’ambito della campagna Spreco Zero, il professor Segré e i suoi studenti hanno condotto analisi, ricerche e tesi di laurea inventariando per due anni le eccedenze di un ipermercato e dimostrando che erano perfettamente consumabili. Poi hanno creato la cooperativa “Carpe Cibum”, successivamente trasformata in Last Minute Market: «La nostra impresa – riprende Segré – offre un servizio di consulenza per mettere insieme i diversi attori: il supermercato che deve gestire le eccedenze oppure l’ospedale nel quale avanzano i pasti, con le associazioni interessate a recuperarli, ma anche con la Asl che presidia le norme igienico-sanitarie. Siamo facilitatori: creiamo una rete locale costituita da imprese, istituzioni e terzo settore. Mettiamo a punto le procedure logistiche, sanitarie, amministrative, individuiamo gli enti e offriamo la nostra supervisione». Tutto per far sì che ciò che avanza o viene scartato non diventi un rifiuto, ma abbia una seconda chance.
Il sistema, oggi applicato in oltre 40 città, è a chilometro zero: «Non ci devono essere spostamenti, tutto deve avvenire nel raggio di pochi chilometri, altrimenti il recupero non è più sostenibile» aggiunge il docente. Last minute market del resto non possiede mezzi né magazzini, non sono loro a ritirare la merce ma cercano di far incontrare chi ha cibo da smaltire con i consumatori senza potere d’acquisto, trasformando perciò gli alimenti recuperati in un bene relazionale.
Ma il vero obiettivo di Last Minute Market è un altro, vale a dire quello di raggiungere lo “spreco zero”. Non solo per quanto riguarda le eccedenze, ma a casa nostra: se ci riuscissimo, sempre sulla base dei “Diari di famiglia dello spreco”, ognuno di noi eviterebbe di smaltire 36,92 kg di alimenti l’anno risparmiando 250 euro.
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