Cassino, sei mesi dopo i rifiuti del Nocione sono ancora a cielo aperto

Fosse a cielo aperto, rifiuti e cattivo odore. Questa è l’aria che si respira a Nocione, nella periferia del cassinate, in direzione di Sant’Elia Fiumerapido, vent’anni dopo l’inizio di una storia che tutt’oggi non trova conclusione. Tutto è iniziato nel 1998, quando il circolo locale di Legambiente ha denunciato una forte presenza di rifiuti nel sottosuolo della zona.
Una vicenda che si è trascinata fino ai giorni nostri fra archiviazioni e successive denunce, sequestri dei terreni, allarmanti rilievi dell’Arpa. Fino al giugno scorso, quando Guardia di Finanza, Carabinieri e Vigili del Fuoco del comando provinciale di Frosinone, in un’azione congiunta, hanno provveduto a scavare buche profonde fino a due metri per rimuovere i solidi urbani sepolti nei campi. «Il 25 giugno sono stati realizzati quattro scavi di circa due metri di profondità – spiega Edoardo Grossi, membro della Consulta dell’Ambiente del Comune di Cassino, a suo tempo artefice come esponente di Legambiente delle prime denunce – Non sarebbero state eseguite, a mio parere, tutte le procedure riguardanti la sicurezza. Avrebbero dovuto individuare preventivamente un sito idoneo in cui stoccare i rifiuti emersi. Avrebbero inoltre dovuto scavare fino a dieci metri di profondità come dichiarato, negli interrogatori, dagli operai che hanno scavato le buche. Gli scavi in profondità avrebbero permesso di appurare se sono sepolti rifiuti tossici industriali come evidenziano le analisi dell’Arpa».
L’operazione si sospende pochi giorni dopo gli scavi, a Luglio, quando il sindaco di Cassino, Carlo Maria D’Alessandro, in accordo con l’assessore all’Ambiente, Dana Tauwinkelova, a fronte dei risultati delle analisi chimiche ha emanato un’ordinanza di divieto di coltivazione, allevamento e approvvigionamento delle acque nei 5.000 metri quadri di terreno posti sotto sequestro.
Sul luogo siamo tornati nei giorni scorsi e abbiamo rilevato come siano ancora presenti le buche scavate sei mesi fa, coperte da bianchi teloni e affiancate da transenne cadute nel frattempo in terra. Come se non bastasse, le abbondanti piogge delle scorse settimane hanno provveduto a riempire i fossi di acqua piovana, rendendo il terreno acquitrinoso e portando in superficie nuovi rifiuti galleggianti. In questa situazione di forte disagio protestano ancora vivacemente gli abitanti della zona che, senza l’aiuto delle istituzioni, vivono da mesi vicino ad una maleodorante e pericolosa discarica a cielo aperto.
«Lasciare le buche a cielo aperto per tutto questo tempo – conclude Grossi – rappresenta un problema ambientale molto più grande di com’era prima degli scavi! Ci preoccupa la salute dei cittadini, viste le incidenze oncologiche emerse nel circondario»
L'autore
