Una delle abitazioni abbandonate a Fossa Maiura | Foto di Nello Cervi - Cassinogreen

Natura incontaminata e villaggi fantasma. I segreti di Fossa Maiura

Bruno La Pietra, ex-assessore all’ambiente del Comune di Sora e presidente nazionale dell’Associazione italiana per la Wilder
Bruno La Pietra, ex-assessore all’ambiente del Comune di Sora e presidente nazionale dell’Associazione italiana per la Wilder

«Siamo ai margini di una dolina carsica a forma di cono rovesciato, profonda circa cento metri e con un perimetro superiore al chilometro. È un luogo eccezionale, un unicum per la conservazione dei manufatti umani e la ricchezza di biodiversità. Basta farsi un giro per visitare i villaggi abbandonati di Curtignale e La Cappudine. Ma da queste parti non è impossibile imbattersi anche nella fauna più pregiata che popola il vicino Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise». Spiega così Bruno La Pietra, già assessore all’ambiente del Comune di Sora e presidente nazionale dell’Associazione italiana per la Wilderness, le caratteristiche di Fossa Maiura: un misterioso e profondo “cratere” che si trova nei comuni frusinati di Alvito, Campoli e Posta Fibreno. È lui, grazie alla sua esperienza da ispettore ecologico della Regione Lazio, membro del comitato di gestione della riserva del lago di Posta Fibreno, nonché autore di numerose pubblicazioni scientifiche sul tema ambientale, a guidarci alla scoperta di questa eccellenza del nostro territorio che meriterebbe di essere valorizzata.

Esplorando la zona si ha l’impressione di trovarsi in un’area desertica, con un alone di mistero…
La dolina carsica di Fossa Maiura, che dà il nome all’intero comprensorio, è il baricentro di questa straordinaria mescolanza di caratteristiche faunistiche, antropologiche e paesaggistiche. Il patrimonio faunistico è simile a quello del gruppo dell’Appennino centrale del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise. Ancora oggi questo comprensorio è frequentato dalla fauna più pregiata del parco, rappresenta una cerniera fondamentale per la macrofauna in quanto era la prima zona antropizzata, quindi anche coltivata, che facilitava l’alimentazione e la sopravvivenza ai grandi carnivori. Le cronache del ‘700 e dell’800 ci raccontano di battute di caccia con numerosissimi esemplari di orso spinti all’interno della fossa per essere uccisi. Gli orsi scendevano dalle vette a questa quota intermedia, circa 800 metri, per cibarsi del granturco e di altri vegetali coltivati».

Quali altre specie popolano la valle?
Oltre all’orso erano frequentatori abituali i lupi e i rapaci. Oggi nidificano poiane, gheppi e il corvo imperiale. Qualcuno ritiene che sia frequentato anche dall’aquila reale, secondo me però è una possibilità remota. Si segnalano spesso cinghiali e coturnici che alimentano l’attività venatoria. Ma oggi questo biotipo straordinario assomiglia nella sua brulla nudità alle highland scozzesi, la vegetazione si è diradata a causa dell’uomo che per rendere coltivabili i terreni ha anche effettuato, con lunghi e faticosi anni di lavoro, le “spretature”.

In che cosa consistono?
Le “spretature” derivano dalla rimozione e l’accatastamento delle pietre, sono quei cumuli di pietre annerite dal tempo che si vedono nella zona, rimosse faticosamente a mano dai contadini. Immaginiamo che vita dura conducessero gli abitanti, la zona è disseminata di case rurali abbandonate, riappropriate dalla vegetazione. Ci sono addirittura interi villaggi abbandonati, l’intera zona costituisce infatti un esempio di conservazione dei manufatti umani. Basta farsi un giro nel territorio e visitare i villaggi abbandonati di Curtignale e La Cappudine, ammirando le architetture semplici ma funzionali delle abitazioni, realizzate con materiale ed intonaci locali a minimo impatto ambientale, con meravigliosi portali in pietra realizzati da bravi scalpellini della zona, con le tipiche fornacelle, camini, aie e con sistemi di raccolta in cisterna dell’acqua piovana dal tetto che fanno invidia alla moderna bioarchitettura.

A proposito di bellezza, non si rilevano installazioni con particolare impatto paesaggistico…
In effetti il territorio è ben conservato anche sotto il punto di vista estetico. In passato era stata avanzata l’ipotesi di installare dei pali eolici che avrebbero compromesso il paesaggio, la proposta che sollevò forti resistenze di noi ambientalisti e poi non si concretizzata a conclusione degli studi preliminari di fattibilità.

Ma quale futuro potrebbe avere questo comprensorio che non è comunque facilmente accessibile?
La scarsa accessibilità, in effetti, rappresenta uno svantaggio ma d’altro canto contribuisce a preservare questi luoghi. Andrebbe avanzato un progetto di riqualificazione a fini turistici dei borghi, conservandone però gli elementi originali che ritengo importanti quanto quelli naturalistici.

Leggi la scheda nel sito del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise

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