Quel canto di Natale nel buio delle trincee
Durante la prima guerra mondiale i soldati inglesi e quelli tedeschi interruppero le ostilità al canto di “Stille Nacht”. Un episodio, passato alla storia, che nel periodo in cui ci troviamo acquista un significato ancora più forte
Inverno del 1914, fronte occidentale. La “Grande guerra”, che tutti pensavano sarebbe durata pochi mesi, si sta rivelando qualcosa di più lungo e spaventoso. Dopo l’assassinio a Sarajevo dell’erede al trono d’Austria, Francesco Ferdinando, nel Luglio di oltre un secolo fa, l’Europa fu teatro di uno scontro mai visto prima, che coinvolse le nazioni di tutto il mondo, chi con uno schieramento e chi con un altro.
Eppure, anche nella tragedia si può trovare uno spiraglio di luce. E la “luce” probabilmente è la stessa che illuminò l’animo dei soldati tedeschi. Durante la notte della vigilia di Natale, i soldati inglesi nei pressi di Ypres (la stessa città che dette nome al mortifero gas, l’iprite, anche detto gas mostarda) sentirono levarsi un canto, “Stille Nacht”. Capirono dal suono delle parole cos’era, “Silent night” (il nostro “Astro del ciel”) e subito anche gli inglesi iniziarono a cantare la loro versione insieme ai soldati tedeschi. All’alba del 25 dicembre, accadde qualcosa di improvviso, inaspettato e meraviglioso: un primo soldato si incamminò, attraversando la “Terra di nessuno” verso la trincea nemica senza armi in mano. Non si sa bene chi fosse, se inglese, francese o tedesco, fatto sta che di lì a poco un’altro soldato seguì l’esempio del primo e poi un altro e un altro ancora…
In poco tempo, tutti i soldati di entrambe le trincee erano nella zona di mezzo. Bisogna fare un paio di precisazioni, però. La prima è che a tregua ,a differenza da quanto si creda, non era rara tra le due parti. Spesso infatti, capitava che i soldati di guardia fingessero di non vedere dei nemici che tornavano verso le loro trincee, oppure risparmiavano i soldati che trasportavano via i propri commilitoni feriti. La seconda è che non tutti i battaglioni approvarono questa tregua natalizia: i belgi avevano il dente avvelenato nei confronti dei tedeschi, dato che avevano occupato il neutrale Belgio (fu proprio con l’invasione e la successiva occupazione del Belgio, che inglesi e francesi entrarono in conflitto con la Germania del Kaiser Guglielmo II). E non tutti i francesi approvarono la pace momentanea: la tregua si svolse, infatti, nei pressi di Ypres, città francese pesantemente danneggiata e soffocata dal gas mostarda, quindi il risentimento dei francesi per i tedeschi, invasori, era molto forte.

Nonostante ciò, la “Tregua di Natale”, come sarà definito questo evento, fu la prova per entrambi gli schieramenti che quello che combattevano non era un nemico brutale e spietato, ma un umano come loro, che provava tristezza per la lunghezza del conflitto e nostalgia per le loro case, le loro famiglie e la pace. Si scambiarono tra loro numerosissimi regali: vino francese con cioccolata tedesca o austriaca, capi d’abbigliamento, ma anche tabacco (c’è la testimonianza di un battaglione tedesco che divise i propri sigari con le armate del “British Indian army”, o “Esercito Anglo-Indiano”). Vennero addirittura organizzate delle partite di calcio tra le due parti.
La tregua fornì poi l’occasione per recuperare i caduti abbandonati nella terra di nessuno e dare loro sepoltura. Durante questa fase, furono organizzate anche funzioni religiose comuni per tutti i caduti. Nei settori del fronte interessati dalla tregua l’artiglieria rimase muta e non si verificarono combattimenti su vasta scala per tutto il periodo natalizio. Anche così, comunque, in alcuni casi soldati che si avvicinavano alle trincee nemiche furono presi a fucilate dagli avversari. Nella maggior parte dei settori interessati la tregua durò solo per il giorno di Natale, ma in alcuni casi si prolungò fino alla notte di Capodanno.

In un momento storico come quello che stiamo attraversando, segnato conflitto tra le forze ucraine e quelle russe, vediamo il Natale con più amarezza. Ed è proprio in un momento come questo che forse dovremmo guardare oltre la paura, oltre il terrore di una vittoria da una parte o dall’altra, oltre la vittoria di un potere contro l’altro. Dovremmo andare oltre questo. Perché dietro le pistole, i razzi, i droni e quant’altro, ci sono uomini che combattono da dieci mesi: figli, nipoti, fratelli, genitori che sono lontani dalle loro case, dalla loro famiglia. Non speriamo che a distanza di cento anni qualcosa come la “Tregua di Natale” riaccada. Ma almeno che la luce di questo giorno porti nei cuori di entrambi gli schieramenti l’idea di poter deporre le armi, di ripristinare la pace non per il bene dell’Europa o per quello dell’economia globale, ma per questi popoli dilaniati, oggi come allora, dal terrore e dalla paura.
L'autore
